A quali Pelicans dobbiamo credere?

Negli ultimi mesi nessuna squadra ci ha lanciato segnali contrastanti quanto i New Orleans Pelicans, che ci hanno fatto vedere tutto ed il contrario di tutto più o meno da quando l’attuale core è insieme. I risultati sono stati altalenanti, la forma fisica di Zion Williamson non sempre perfetta, le prestazioni di Brandon Ingram e CJ McCollum ondivaghe, Herbert Jones è stato etichettato come inadatto ad una contender e subito dopo come fenomeno, Jonas Valanciunas alterna prestazioni convincenti a segnali poco incoraggianti per il prossimo futuro e via dicendo.

Dunque siamo riusciti a capire qualcosa di questi Pelicans? Sì, ma non troppo, dunque tenteremo di presentarvi dei possibili scenari e di fornirvi delle risposte che tendano il più possibile verso l’ottimismo.

A quale Zion Williamson dobbiamo credere?

La domanda è necessaria, e dalla sua risposta dipende quella del titolo. Zion Williamson è stato contemporaneamente super atletico e fuori forma, attivo difensivamente e molto pigro, backcourt e frontcourt, e soprattutto forte e dannoso.

Il primo quesito è di conseguenza l’inevitabile Zion si o Zion no? I numeri sono poco incoraggianti. I Pelicans rendono a tutti gli effetti meglio con il #1 in panchina, ed il suo on/off secondo Cleaning The Glass è di -6.2. I 5 titolari dei Pelicans (McCollum, Jones, Ingram, Williamson, Valanciunas) producono un Net Rating di solo +1.4, mentre sostituendo Trey Murphy III a Zion il valore schizza a +18.3. Chiaramente le lineups così prese dicono tutto e niente, poiché il contesto e gli avversari contro le quali vengono impiegate determinano gran parte del risultato. I Pelicans non possono far strada senza Zion Williamson, dunque la risposta DEVE essere Zion sì, benché i numeri dicano il contrario. Quello che è certo però è che Williamson per rendere al meglio ha bisogno di determinate lineups che allarghino gli spazi da attaccare il più possibile. Dunque come giudicare il suo accoppiamento con la seconda stella della squadra?

Zion Williamson e Brandon Ingram funzionano insieme?

Anche qui i dati non sono troppo incoraggianti, e purtroppo questa volta la smentita è decisamente meno netta e decisa della precedente. Il net rating medio dei Pelicans è di +5.4 (quarto migliore in NBA), ma quando le due star condividono il campo si abbassa a +2.1. Il motivo riguarda lo stile di gioco particolare di Brandon Ingram, che gradisce molto gli isolamenti e molto poco tirare su ricezione. Ad Ingram serve la palla per operare, ama l’1v1 ed è bravo sfruttare i vantaggi che si crea coinvolgendo anche i compagni con letture notevoli. Qui lo vediamo come traghettatore nei Pelicans della stagione 2021/22, nella quale furono costretti a fare a meno di Williamson.

Con Williamson il discorso cambia, in quanto quest’ultimo non essendo un tiratore non allarga gli spazi nei quali operare. Nelle seguenti clip lo vediamo ristagnare in degli 1v1 ad attacco fermo, e con un Williamson molto passivo senza palla ed inchiodato nel pitturato.

Con Williamson fuori dal campo, Ingram sembra trovare nuovamente il comfort che gli ha permesso di sfoderare delle eccellenti prestazioni nei Playoffs 2022, aumentando i suoi punti (da 20 x75 possessi a 27), i suoi assist (da 5 x75 possessi a 7.5) e senza che cali la sua efficienza. Cambia inoltre la distribuzione dei suoi tiri, poichè con Zion fuori tenta molte meno triple, fondamentale nel quale è affidabile ma non eccelle. La presenza di Williamson lo costringe a possessi lontano dalla palla nei quali è costretto a tirare di più in catch and shoot sugli scarichi del #1, come detto soluzione valida qualora Ingram sia in giornata, ma sulla quale è meglio non basare il proprio gioco visto il suo 36% da 3, appena sotto la media della lega, ed un non sfavillante 38% in situazioni di prendi e tira. Di contro Williamson può essere moderatamente efficace giocando con Ingram se il suo tasso di attività senza palla è elevato, tagliando con tempismo anche partendo dall’arco, essendo così capace di fornire a suo modo spacing.

In sintesi Brandon Ingram e Zion Williamson sono complementari? Probabilmente no, ma sono i due giocatori migliori che i Pelicans hanno a disposizione, ed il sacrificio di uno dei due potrebbe non essere la soluzione adeguata. Coach Willie Green sta infatti ben pensando di “staggerarli“, ovvero di separarne il minutaggio garantendo però di avere in campo sempre almeno uno dei due. Quando condividono il campo (solo 18 minuti su 48), le premure tattiche sono quelle precedentemente espresse, e sul quesito chi dei due porta palla, si alternano i possessi più o meno equamente.

Allora come impiegare al meglio Zion?

Parrebbe che il modo migliore sia stato proprio quello dell’ultimo mese, ovvero il tanto vociferato “Point Zion”. Secondo Second Spectrum, quando Zion Williamson varca il centrocampo portando palla, i New Orleans Pelicans producono 1.44 punti per possesso, un dato impressionante. Quando Zion agisce da ball-handler nel pick and roll genera 1.3 punti per possesso, e soprattutto quando finisce una partita con 6 o più assist i Pelicans hanno un record di 18 vittorie e sole 4 sconfitte. Ed infatti l’ultimo mese è stato decisamente il migliore dell’anno per la franchigia del New Orleans, anche grazie all’aumento di impiego di Williamson come portatore. Fino a fine gennaio la star dei Pels ha fatto registrare 5.7 assist x75 possessi, da inizio febbraio questo dato è salito a 8. Le sue capacità di passatore sono fortemente sottovalutate, e come si vede è capace di leggere numerose situazioni creando sia entry passes per il lungo (Valanciunas/Nance), sia per i taglianti, sia scarichi per i tiratori in angolo, dei quali i Pelicans dispongono in abbondante numero.

E parlando di tiratori un set molto usato è quello che si vede in video, dove è il tiratore stesso ad agire da bloccante (spesso Murphy, ma anche McCollum) che sfrutta la sua gravity senza palla per distogliere da Zion le attenzioni del suo uomo, permettendogli di penetrare con facilità. Qualora arrivasse un raddoppio ecco che si generano tiri da 3 smarcati a vagonate.

Chiaramente la parola d’ordine resta “Creare spazi”, e nessuno in questa lega è bravo ad attaccarli come Zion Williamson. Il giocatore dei Pels è il miglior finisher al ferro della lega insieme a Giannis Antetokounmpo, è primo negli ultimi 3 anni in Points in the paint di media a partita e converte le sue conclusioni nei pressi del ferro (la stragrande maggioranza dei suoi tiri) con oltre il 70%. Può crearsi lo spazio da attaccare sfruttando la sua velocità ed il suo palleggio, oppure accumulando energia cinetica grazie al cuscinetto che i difensori gli lasciano, non preoccupati del suo tiro, oppure ancora grazie a degli empty side pick and roll molto bassi poichè tutti gli altri compagni tranne lui e il suo bloccante sono situati sul lato debole.

Ed ecco che si sprigiona tutta l’inarrestabile potenza di Zion Williamson, un carro armato volante.

Herbert Jones

Si merita un paragrafo a parte. Herbert Jones è la vera chiave di questa squadra, passato da attaccante poco affidabile e semplice specialista difensivo a tiratore mortifero nel giro di un’estate. Jones ha imparato ad attaccare gli spazi, a chiudere divinamente al ferro, a mettere la palla a terra e finanche a condurre le transizioni, ma soprattutto è il bersaglio preferito dei kickout passes di Zion Williamson assieme a CJ McCollum. Come si vede dal grafico, l’angolo destro nel quale Jones ama stazionare è diventata una sua zona calda, anzi bollente. Da lì mette a segno il 57.7% (!!!) delle sue triple, un miglioramento insensato rispetto al modico 33% dello scorso anno. E come si vede nelle clip, Zion apprezza.

Ogni suo merito offensivo resta però subordinato alla sua immensa bravura come difensore perimetrale.

Jones può marcare indifferentemente guardie ed ali, ed occasionalmente anche i lunghi grazie alla sua apertura alare di circa 215 cm, le sue mani veloci e la sua intelligenza nei posizionamenti. Jones sa difendere in 1v1, ma anche inseguire i giocatori più pericolosi senza palla, eseguire closeouts a dir poco incredibili grazie ai suoi ottimi tempi di aiuto, comprendere gli angoli dei blocchi ed indirizzare le sue marcature nelle fauci dei suoi compagni, dimostrandosi anche un ottimo elemento quando si parla di difesa corale. Chiaramente essere così lunghi e al contempo così fluidi nei movimenti porta a qualche tradoff nella potenza fisica, ed infatti Jones è soggetto ad un po’ di sana vecchia bullyball contro ali forti più massicce o centri.

La difesa dei Pelicans

Ma oltre ad Herb, come va il resto della squadra nella propria metà campo? Dal 1 febbraio l’offensive rating medio dei Pels è di 120, il defensive rating di 109, rispettivamente quarto e secondo miglior dato della lega in quella span temporale. Williamson, così come in attacco, è anche qui l’ago della bilancia del team. Spesso lo si vede svogliato, si lascia facilmente battere, in posizione difensiva totalmente sbagliata e dritto sulle gambe, pigro negli aiuti e nei closeouts, così come spesso causa principale dei tiri aperti degli avversari perché si dimentica/rifiuta di cambiare.

Quando però Williamson si impegna, le sue doti atletiche gli consentono di reggere in diversi accoppiamenti, così come di essere impiegato da roamer sfruttando la sua verticalità in aiuto per stoppare ad altezze proibitive. Nei Pick&Roll i Pelicans concedono solo 0.88 punti per possesso quando Zion marca il bloccante (90° %ile tra tutti i giocatori NBA che hanno difeso almeno 100 di queste situazioni, via Second Spectrum). Qui lo vediamo reggere in 1v1 in cambi di emergenza contro Donovan Mitchell o Darius Garland, così come non essere minimamente intimorito dalla fisicità di Jimmy Butler.

Oltre a Jones e Williamson, Ingram e Murphy sono lunghi e possono marcare le ali migliori della lega in isolamento, accettando anche dei cambi con delle guardie. Il problema più grave invece riguarda la spot di centro, poichè Jonas Valanciunas, per quanto tosto fisicamente, non è capace di reggere in velocità contro le penetrazioni degli altri big men, e tantomeno di essere inserito in cambi, così da essere un bersaglio facile da cacciare per le difese che fanno molto mismatch hunting. Quanto i Pelicans riescano però a reggere senza neanche un giocatore oltre i 205 cm è un quesito per il quale sarebbe meglio non cercare risposta, e dunque la soluzione più logica parrebbe quella di proteggere Valanciunas lasciandolo nel pitturato (nonostante anche lì non essendo particolarmente atletico offra una resistenza non adeguata) nei minuti in cui si necessita di un centro di ruolo, tentare di farne a meno il più possibile quando anche la squadra avversaria gioca small-ball. La sensazione è che sia lui il vero pezzo sacrificabile nel breve termine per rendere i Pelicans al completo davvero competitivi, ma per quanto limitante la sua presenza non è detto che precluda automaticamente il successo nei Playoffs, specie considerando che sulla panchina dei Pels siede un c0ach giovane e preparato come Willie Green.

Conclusioni

La squadra c’è, non è perfetta nei suoi interpreti e nella sua costruzione, ma prima di tutto è necessario che gli elementi su cui si sa di voler puntare siano al 100% della forma. Se i Pelicans dovessero mantenere l’andazzo dell’ultimo mese e mezzo fino a fine anno, si farà a gara per evitarli in una serie a 7 partite, e per quanto non partano nella cerchia più ristretta delle pretendenti al titolo, possono essere un matchup fastidioso letteralmente per chiunque. A nostro modo di vedere sono la vera mina vagante anche in questa pazzissima Western Conference.

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